lunedì 5 settembre 2011

Come sta andando a picco la riforma della formazione degli insegnanti

2 commenti:

Gianfranco Massi ha detto...

La quantità di precari pesa come un macigno sulla qualità della scuola, come l’abnorme peso del debito pubblico pesa sull’economia. Entrambi sono fenomeni generati dalla miopia politica.

Anonimo ha detto...

Condivido le tesi del professore almeno per le cose che vivo come insegnante e a suo tempo supervisore di tirocinio per la scuola primaria.
Il legislatore ha rinunciato a sostenere un progetto di riforma che aprisse verso altre modalità di reclutamento, nell'attesa di "fingere" di esaurire una graduatoria che non potrà mai essere esaurita se non tra parecchi anni (per quantità dei precari che vi stazionano e per la contrazione drastica dei posti nella scuola). Non a caso si è rinunciato a bandire i concorsi per esami (previsti attualmente dall'art. 97 della Costituzione per l'accesso al settore pubblico), abbandonando a un destino incerto la gran parte dei neo laureati. Si è lasciata passare l'idea che essere abilitati e stare in graduatoria per anni e anni desse un "diritto alla cattedra" e senza filtri. Quando le regole di immissione in ruolo erano chiare per tutti, se non si "vinceva" il concorso si era obbligati a ripresentarsi al successivo in condizioni di parità con gli altri concorrenti, sebbene neo laureati.
Il concorso, pure con tutti i limiti dei concorsi pubblici in Italia, almeno in qualche misura avrebbe premiato qualche giovane meritevole facendo giustizia di graduatorie composte in maniera discutibile. Si possono scegliere percorsi alternativi e il progetto della commissione Israel costituiva un primo passo; si è scelto invece di fare del "nonnismo" da graduatoria e si è accettato di tutto, dai punteggi chiaramente gonfiati ai titoli acquisiti pagando formazioni improbabili, senza alcun controllo preventivo. Nella scuola si è fatto passare anche altro: per esempio che per accedere al ruolo è meglio cominciare come docente di sostegno, visto che nel corso degli ultimi quindici anni i posti si sono moltiplicati, fino ai 60000 circa in organico su 700000 (quasi il 10% dei docenti italiani). Sarebbe utile interrogarsi sull'improvviso aumento dei deficit fisici e cognitivi nella popolazione scolastica sotto i 14 anni, ma questo è un altro discorso.
Le associazioni professionali e sindacali non sono estranee al naufragio di qualunque accettabile politica scolastica, appoggiando qualunque rivendicazione: penso per fare un esempio ai supervisori di tirocinio, in origine incarico biennale o quadriennale non rinnovabile, molti dei quali tuttavia sono in servizio presso le Università dal 1999 con deroga annuale (l'ultima è della fine di agosto).
Non voglio rubare altro spazio ma mi pare evidente che la sola miopia della politica non è sufficiente a giustificare questo disastro.
Saluti, Vincenzo Manganaro