giovedì 3 novembre 2005

Mistificazioni

Come si usa dire, il troppo stroppia. Già, circa un anno fa, Giulio Giorello, dichiarò che l’Illuminismo non è nato in Occidente ma nell’Islam. Divertente. E, per una volta, passi. Ha anche più volte insistito sul fondamentale apporto dell’Islam alla nascita della scienza moderna. Affermazione che, messa giù così, richiede non poche precisazioni. E passi ancora. Ma quel che abbiamo letto giorni fa suscita la domanda se Giorello abbia perso la trebisonda oppure stia facendo un lavoro sistematico di disinformazione.
Egli scrive: “per quanto riguarda le conquiste della scienza e della tecnica, mi sembra che il Cristianesimo sia ampiamente battuto da religioni come il Buddhismo”. Affermazione cui evidentemente soggiace una revisione storiografica epocale, poiché a noi miseri ignoranti non era giunta mai notizia di una grande scienza sviluppatasi in contesto buddista, né avevamo mai sentito parlare di Galilei e Newton buddisti. Restiamo in attesa di documentazione bibliografica, perché in questa corta vita c’è sempre da imparare qualcosa.
E Giorello così continua: “per non dire che nei due altri grandi monoteismi non c’è stato un caso Galileo, anche se c’è stato un caso Spinoza per l’Ebraismo, ma qui si trattava non tanto di scienza quanto di filosofia”. In quanto ebreo, ringrazio per la cortesia, ma la respingo al mittente. In primo luogo, perché non si vede perché l’intolleranza filosofica sia meno grave di quella scientifica. In secondo luogo, perché distinguere tra scienza e filosofia nell’epoca dell’autore dell’“Ethica more geometrico demonstrata”, di Leibniz (creatore del calcolo differenziale) o di Descartes, è alquanto bizzarro. Che il caso Spinoza sia stato meno grave del caso Galileo, perché non si trattò di una condanna della comunità di Amsterdam e non di tutto il mondo ebraico (in cui non esiste un’unica autorità), può esser vero. Ma è meglio non cercare scusanti: si trattò di una bruttissima pagina, e si potrebbe raccontarne altre analoghe.
Ma veniamo ora all’Islam, in cui non ci sarebbe mai stato alcun caso Galileo. Lasciamo perdere Maimonide, che per salvare la pelle dalla persecuzione dei principi Almohades dovette tagliar la corda in tutta fretta e tanti altri episodi analoghi di intolleranza. Parliamo piuttosto di Averroé che dal 1195 fu bandito e perseguitato nell’ambito del suo mondo musulmano per le sue idee filosofico-scientifiche. Non risulta che sia stato vittima della Santa Inquisizione. I suoi libri furono dati alle fiamme e, anche se negli ultimi anni ebbe un po’ di pace, il suo insegnamento fu cancellato nel mondo islamico e venne tramandato piuttosto nell’Occidente cristiano, dove le sue opere vennero tradotte in latino e in ebraico. Sul tema è stato fatto pure un film (“Il destino” di Youssef Chahine), ma evidentemente a Giorello il cinema non piace.
Il caso Averroé come il caso Galileo? Peggio. Perché, se Galileo è stato riabilitato nel mondo occidentale – e molto molto prima della riabilitazione ufficiale da parte della Chiesa –, la vicenda di Averroé rappresenta una sorta di pietra miliare del divorzio dell’Islam dalla modernità perché uno dei capisaldi del pensiero integralista islamico è il rifiuto del razionalismo di cui era intriso il pensiero averroistico. Senza andar troppo sul sofisticato, consiglierei la lettura dell’articolo di una studiosa musulmana, Farida Faouzia Charfi, comparso sulla rivista “Prometeo” nel 1996 (“Islamismo e progresso tecnologico”), in tempi in cui ancora non si rischiava una fatwa per scrivere certe cose. Charfi richiamava la figura di Averroé in quanto, a suo avviso, “riattingere alle idee dei pensatori più illuminati rappresenta una possibilità di apertura per le società musulmane”, e ne ricordava la tesi secondo cui “niente prova la saggezza divina meglio dell’ordine del cosmo. L’ordine del cosmo può essere provato dalla ragione. Negare la causalità è negare la saggezza divina … e colui che nega la causalità nega e disconosce la scienza e la conoscenza”. Parole scritte nel testo “Autodistruzione dell’autodistruzione”, in risposta all’“Autodistruzione dei filosofi” di Ghazali (profeta ante litteram dell’integralismo islamico, vissuto nel XI secolo). Ghazali sosteneva che “il cosmo è volontario. È creazione permanente di Dio e non obbedisce ad alcuna norma. … la natura è al servizio dell’Onnipotente: essa non agisce in modo autonomo, ma è utilizzata al servizio del suo creatore. … Benché non abbiano rapporto con la religione, le scienze matematiche sono alla base delle altre scienze, dai cui vizi lo studioso rischia di rimanere contagiato. Sono pochi coloro che se ne occupano senza sottrarsi al pericolo di perdere la fede.”
Si può dire, in sintesi, che il mondo islamico ha finito col scegliere Ghazali contro Averroé e, in tal modo, si è autoescluso dal processo fondante del pensiero scientifico moderno, rifiutandone radicalmente l’idea portante e cioè il concetto di “legge naturale”. Nessuno può seriamente contestare lo straordinario apporto del mondo musulmano alla nascita della scienza moderna, sia per il contributo alla riscoperta dei classici greci, sia per gli originali apporti alla matematica, all’astronomia e alla tecnica. Ma tale contributo, per quanto importante, non fu decisivo perché – come osserva Charfi – “gli Arabi non hanno proposto nuovi modelli di rappresentazione del mondo, non hanno rimesso in discussione il modello tolemaico: il loro contributo all’evoluzione della scienza del cosmo si è dunque mantenuto modesto”. E Charfi prosegue osservando che “un modo di reagire a questa lacuna consiste nel dare un eccessivo rilievo all’apporto degli Arabi in campo scientifico e nel manifestare riserve circa il reale contributo degli occidentali ai progressi della scienza.”
Per ragioni politiche fin troppo evidenti siamo in piena esplosione di questo tipo di campagna propagandistica, contro cui occorrerebbe ricordare l’osservazione del celebre storico della scienza Alexandre Koyré, secondo cui la rivoluzione scientifica è avvenuta nell’Occidente cristiano, e non altrove, e il mondo musulmano si è semplicemente ritirato ed estraniato da questo sviluppo. E non si venga a dire che questo è avvenuto perché l’Europa cristiana ha espulso i musulmani. Ben peggio avvenne per gli ebrei, i quali tuttavia non hanno mai smesso di intrattenere il loro rapporto preferenziale con l’Europa cristiana, per quanto esso fosse drammaticamente difficile. I grandi sviluppi della mistica ebraica medioevale si sono avuti principalmente nel mondo cristiano, in Provenza, in Spagna, in Italia e nell’Europa dell’Est, e anche gli sviluppi avvenuti in terra palestinese non risentirono di un influsso o rapporto col mondo musulmano circostante. Del resto, è opportuno notare che le interazioni più proficue tra le tre culture nella Spagna medioevale si sono avuti soprattutto nelle terre amministrate dai re cristiani, che a lungo hanno difeso un regime di tolleranza, anche resistendo alle pressioni dell’Inquisizione. È in questo contesto, e non in altri, che si sono sviluppate le celebri scuole di traduzioni, come quella di Toledo, che hanno trasmesso i testi dell’antichità greca alla nascente Europa moderna.
L’analisi delle origini del concetto di legge naturale è tema infinitamente complesso e comunque le ricerche convergono verso l’individuazione delle radici giuridiche e teologiche di questo concetto. Legge naturale non vuol dire affatto che la natura obbedisce a regole sue proprie, bensì a un ordine stabilito da Dio e che, tuttavia, non è arbitrio puro, ma ordine. Perciò, le origini della scienza moderna non hanno niente a che fare con una filosofia “naturalista” nel senso moderno (materialista e antireligioso) del termine, bensì – come ha osservato efficacemente Amos Funkenstein – di “un modo nuovo ed originale di affrontare i problemi teologici, una sorta di teologia laica, secolare. … Galileo e Descartes, Leibniz e Newton, Hobbes e Vico, non erano degli ecclesiastici … eppure trattarono ampiamente di problemi di natura teologica. La loro era una teologia secolare, anche nel senso che era orientata verso il mondo terreno”. La nascita della scienza moderna non è stata la discesa di un gruppo di extraterrestri atei e naturalisti in un mondo di bigotti che l’ha prontamente perseguitato: è stata piuttosto il risultato e la germinazione di un lungo processo di riflessioni filosofiche, teologiche e religiose (inclusi gli aspetti mistici di queste ultime) in una forma di teologia secolare, volta a scoprire le leggi del disegno divino di costruzione della natura. Non c’è dubbio che anche il mondo musulmano abbia contribuito a porre le basi di questi sviluppi, ma altri ne hanno tratto i frutti, mentre l’Islam si è ritirato dal processo della formazione della scienza e della filosofia moderne.
Ché poi quell’Europa cristiana che aveva posto le premesse per la rivoluzione scientifica e filosofica sia stata anche il luogo in cui ne sono stati perseguitati i principali protagonisti, è indiscutibile. Come ha osservato Frances Yates, la rivoluzione scientifica progrediva proprio mentre avanzava un cupo periodo di caccia alle streghe. Tuttavia, della complessità e delle contraddizioni degli sviluppi storici occorre farsi carico, e non risolvere le difficoltà con semplificazioni di comodo, come quella di inventare un’inesistente contrapposizione fra scienza e religione, di principio e fin dalle origini.
Nessuno mette in discussione il diritto di essere atei, e magari di avere pure in antipatia la religione. Figuriamoci. Ma di qui a dire amenità come quella secondo cui “si è religiosi per caso (per esempio, per l’accidente della nascita), ma si diventa illuministi nel senso genuino della parola solo per scelta”, ne corre. Anche perché, in tal modo, si da mostra di un rifiuto intollerante a capire le esperienze altrui che è la negazione di quella tolleranza illuminista di cui si mena vanto. Ma forse è proprio questo l’illuminismo figlio dell’integralismo islamico… Si da invece il caso che c’è chi diventa religioso attraverso un processo di scoperta e di scelta, e chi nasce fanatico integralista (ateo o credente che sia) e resta tale per tutta la vita.


Giorgio Israel

8 commenti:

Stefano Perugini ha detto...

Trovo come sempre costruttivo e interessante quanto lei scrive. Sul fatto che solo l'illuminismo e non la fede può essere oggetto di scelta, la mia esperienza personale è l'opposto, sono arrivato alla fede per un incontro che mi ha costretto a rivedere, per amore di ragione, le mie precedenti posizioni razionaliste atee.
Quanto al rapporto tra illuminismo e islam, penso a quanto ci sia di ideologico e non religioso nelle posizioni che difendono l'uso degli uomini-bomba: ideologico nel senso di imparato in occidente, negli studi e nei contatti col mondo culturale razionalista di molti intellettuali europei. Come era stato il caso di Pol Pot e amici, e molti altri. In questo senso mi sembra geniale l'insistenza di Giovanni Paolo II a invitare gli uomini di religione a esporsi per la pace: dalla devozione a Dio non può venire nessuna guerra!

neocatecumeno ha detto...

Complimenti per il pezzo, lo trovo molto costruttivo.
Giovanni

Giorgio Israel ha detto...

Il commento di quel signore è illuminante, perché lui si dice laico e razionalista e poi sa soltanto invocare il principio di autorità...
Quanto a quello, poi... Conosco personalmente Giorello da più di trent'anni e da tanto ci discuto o ci litigo. E gli si possono fare molti addebiti ma possiede abbastanza senso dell'humour per cui, se sapesse che qualcuno lo difende con l'argomento che lui è "uno dei più grandi filosofi della scienza", lo prenderebbe a calci nel sedere.
P.S. Il mio post è un articolo pubblicato su Il Foglio

Angelo ha detto...

Bell'articolo.
Grazie.

Giorgio Israel ha detto...

I passi di Giorello citati si trovano nella sua rubrica su Corriere Magazine (penultimo numero). Non c'è gran di che di più di quanto citato

GiuseppeR ha detto...

Mi permetto di suggerire una possibile fonte dell'affermazione di Gioriello: “per quanto riguarda le conquiste della scienza e della tecnica, mi sembra che il Cristianesimo sia ampiamente battuto da religioni come il Buddhismo”.

Hwang Woo Suk, formai famigerato veterinario Sud Coreano, autore della clamorosa truffa della clonazione umana terapeutica, intervistato dal quotidiano Abs CbnNews alla domanda: "Qual e' la sua tradizione religiosa professor Hwang?"

Risponde: "Sono buddista, ma non ho problemi filosofici con la clonazione. Come lei sa, una delle basi del buddismo e' il riciclo della vita attraverso la reincarnazione. E in qualche modo la clonazione terapeutica aiuta a restaurare il ciclo della vita."

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http://staminali.aduc.it/php_artshow_2951_1_ta_l25.html

Giorgio Israel ha detto...

Se così fosse stato avrebbe dovuto scrivere una cosa del tipo: “per quanto riguarda l'assenza di restrizioni etiche alle applicazioni tecnologiche della scienza, mi sembra che il Buddhismo sia molto più aperto del Cristianesimo”; oppure: "il Buddhismo lascia molta più libertà, ecc.". Ma se scrive che il Buddhismo batyte il Cristianesimo sul piano delle "conquiste" della scienza e della tecnica, dice una sciocchezza e basta.

Giorgio Israel ha detto...

L'idea del logos ha un'evidente origine nella concezione ebraica della creazione del mondo come fatto linguistico: Dio è logos. (Vedi il mio libretto sulla Kabbalah). E di qui si è trasmessa al cristianesimo. La scienza moderna nasce come una sintesi della visione monoteistica del mondo e del recupero della filosofia neoplatonica. I grandi scienziati della rivoluzione scientifica sono tutti dei teologi laici, e la matematica germina sul terreno dell'idea che "il mondo è matematico", enunciata da Galileo in termini teologici. Si veda Funkenstein, Teologia e immaginazione scientifica dal Medioevo al Seicento.