venerdì 16 settembre 2005

Cronache dal "dietro-mondo"

Ovvero, come si può non discutere mai di niente ed evitare i problemi, fuggendo nel mondo eccitante della dietrologia


Da Informazione Corretta (12 settembre 2005)

Lo sappiamo benissimo dove si va a finire quando si comincia a parlare di finanza e di massoneria: vengono fuori gli ebrei ed ecco il complotto pluto-giudaico-massonico (“demo” all’inizio è un optional).
Sappiamo anche che il personale politico italiano non è di livello straordinario e che quello di Forza Italia lascia alquanto a desiderare, ma quel che più lascia esterefatti è che al responsabile economico di Forza Italia Guido Crosetto - secondo cui «in questo momento stiamo aprendo alla grande massoneria americana ed ebraica le porte del sistema creditizio del nostro Paese» - nessuno dei dirigenti del suo partito e nessun esponente del governo abbia ancora detto le quattro parole che merita. Peggio. Andiamoci a leggere Padania-on-line e troviamo che la frasaccia di Crosetto viene ripresa pari pari, con ostinazione degna di miglior causa, e con l’aggiunta che però lui «non tira in ballo la religione»… E meno male… Gli è bastato tirar fuori la razza.
Quindi non soltanto, come dice Informazione Corretta, i fantasmi del passato ritornano ma non c’è nessuno che si dia la pena di cacciarli via.
Noi non vogliamo dire una sola parola nel merito, per quanto ridicolo sia questo panorama di uno scontro tra lobby giudaico-massonica sponsorizzata da Montezemolo e Prodi e lobby cattolico-fazista sponsorizzata da D’Alema. Perché ci basta e ci avanza l’infortunio di Amos Luzzatto, Presidente dell’ UCEI (Unione delle Comunità Ebraiche) nella sua intervista sul Corriere della Sera, a proposito della quale ripetiamo – con Informazione Corretta – che, dopo aver giustamente denunciato il carattere odioso delle affermazioni di Crosetto, avrebbe fatto meglio a non addentrarsi nelle questioni economiche di merito, data la sua carica. Non pensiamo invece che egli abbia fatto “meglio di niente”. Ha fatto invece peggio di niente, molto peggio di niente.
Difatti, prendendo posizione così nettamente contro il Governatore Fazio, ha avvallato l’ipotesi che gli ebrei stiano tutti su quel fronte visto che lui parlava come Presidente dell’UCEI. Quindi, potrebbe dire qualcuno, l’ombra di qualche congiura c’è. Non basta. Richiesto di dire se l’Opus Dei c’entri con la difesa del Governatore, Luzzatto ha risposto: «E chi lo sa. Certo che buona parte del mondo cattolico ha reagito a favore di Fazio in una maniera piuttosto accesa e questo ha alimentato tutta una serie di illazioni». Un maligno tradurrebbe: «C’entrano gli ebrei con l’attacco al Governatore? E chi lo sa? Visto che il presidente dell’UCEI l’ha attaccato in maniera piuttosto accesa, questo ha alimentato una serie di illazioni». Come se ancora non bastasse – e dopo aver sottolineato di non aver «a che fare né con l'"Osservatore Romano" né con "Avvenire" né con queste organizzazioni», come se ci potessero esser dubbi in proposito – Luzzatto ha aggiunto che da parte di queste “organizzazioni” c’è stata una difesa del Governatore «un po’ accesa», che «si poteva evitare».
Insomma, gli altri debbono parlare a bassa voce, altrimenti si alimentano illazioni. Mentre, se il Presidente degli ebrei italiani parla e si schiera in modo acceso, non si debbono fare illazioni. Così uscirà fuori qualcuno a dire che gli ebrei possono fare le congiure che vogliono, ma è vietato dirlo.
Un autentico disastro.
Giorgio Israel


Al Direttore del Corriere della Sera (16 settembre 2005)

Signor Direttore,
l'articolo a firma Paolo Conti pubblicato sul Corriere del 15 settembre a proposito delle dimissioni di Amos Luzzatto, contiene alcune gravi inesattezze che mi riguardano e mi attribuisce un influsso spropositato (la mia opinione avrebbe un "peso enorme") che potrebbe gratificarmi ma non ha fondamento. Non è vero che io sia "l'esponente di punta dell'ala romana della lista "Per Israele", di cui non sono mai stato candidato. Questo è un dato di fatto. Non è vero che io sia "uno dei possibili candidati alla successione di Luzzatto". Apprendo questa notizia dal Corriere per la prima volta, dato che nessuno, tantomeno io stesso, ha mai avanzato tale prospettiva.
Poi, certo, ho le mie opinioni e le esprimo senza reticenze proprio perché non ho alcun incarico nelle istituzioni comunitarie ebraiche. Malgrado non sia un professionista della politica, non sono così ingenuo da non capire che, se fossi davvero candidato, dovrei guardarmi dal rilasciare dichiarazioni nette che diano il destro a qualcuno di "bruciare" la mia "candidatura"... E'chiaro che questo è quel che è avvenuto e, per parte mia, trovo il comportamento di coloro che hanno informato Paolo Conti comicamente inutile, oltre che scorretto. Se Paolo Conti avesse chiesto anche la mia opinione, avrebbe evitato di farsi usare propinando una storia di fantasia e si sarebbe occupato soltanto delle questioni di merito su cui si svolgerà l'autentico confronto al prossimo Congresso dell'UCEI tra posizioni indubbiamente differenziate.
Nel merito, ritengo che un Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche debba pronunziarsi con nettezza assolutamente imparziale contro qualsiasi manifestazione di antisemitismo, che venga da destra o da sinistra, e debba tenere per se le sue simpatie politiche personali. Mi auguro che così sia nel futuro, ma non mi sono mai candidato per farlo.
Con i migliori saluti,
Giorgio Israel


Da Informazione Corretta (16 settembre 2005)

Dunque Informazione Corretta è tanto influente che una nota di poche righe sull’intervista di Amos Luzzatto, Presidente dell’UCEI (Unione delle Comunità Ebraiche) è capace di provocare un terremoto ai vertici della stessa UCEI. Questo risulterebbe dalla lettura di diversi articoli comparsi sulla stampa.
Poteva rimanere un incidente circoscritto, ma poi ci è messo il sito Internet IC – commenta La Stampa. Il Corriere della Sera inizia la sua cronaca addirittura citando la nota su IC, definendo il peso di chi l’ha scritta (il sottoscritto) “enorme”… E anche secondo Europa, non è tanto per le critiche seguite all’intervista sul caso Crosetto che è scoppiata la crisi, con la minaccia di dimissioni di Luzzatto, ma per gli “attacchi interni” fra cui – guarda un po’ – viene citato principalmente quello comparso su IC. Tutto ciò, secondo il quotidiano della Margherita “in attesa dell’attacco finale”…
Va bene, IC è importante e prestigiosa, ma qui c’è qualcosa che non quadra, qualcosa di eccessivo. Forse una chiave di questo eccesso si ritrova in una vera e propria opera di disinformazione: è la presentazione del sottoscritto come uno dei principali candidati alla successione ad Amos Luzzatto, sostenuto dalla corrente più filo-israeliana (e “oltranzista”) dell’ebraismo italiano, di cui viene definito come “l’esponente principale” (e ci cui, invece, non ha mai fatto parte). Addirittura, secondo Europa, di Giorgio Israel “si dice che aspiri alla successione”.
In verità, alla carica di Presidente dell’UCEI non ci ho teso né ci tesi mai – avrebbe detto Petrolini – tantomeno l’ho aspirata. Si tratta di falsità che non meriterebbero commenti, se non mettessero in due luce due aspetti.
Il primo, è il solito vizio: la dietrologia. Se qualcuno esprime un’opinione è impossibile che lo faccia perché ci crede: ci deve essere qualcosa dietro, un disegno, una trama, un complotto, un’”aspirazione”.
Ma – e questo è il secondo punto – se dieci righe pubblicate su IC fanno tanto scalpore dietrologico e – guarda un po’ – danno luogo alla stessa ipotesi completamente falsa, vuol dire che qualcuno quell’ipotesi alla stampa l’ha suggerita: saranno i signori “si dice” di Europa. Qualsiasi insegnante sa che l’indizio sicuro che più studenti hanno copiato da qualcuno non è che scrivano nel compito la stessa cosa giusta, ma la stessa cosa sbagliata. I signori “si dice” debbono aver davvero creduto che questa candidatura era in ballo, e perciò debbono aver pensato che, per stopparla, era utile ricorrere a una tecnica antica della “politica politicante”: enfatizzarne la prospettiva, estremizzandone i connotati, in modo da “bruciarla”. Però, i nostri strateghi da “gioco del piccolo uomo politico” hanno bruciato il nulla, ed hanno fatto soltanto fare una cattiva figura ai giornalisti che hanno dato loro retta, per non voler controllare le fonti, o per l’intento di denunciare un complotto oltranzista nel seno dell’ebraismo contro l’”intellettuale progressista” Luzzatto, che starebbe per culminare nell’”attacco finale” dei tanks Merkavah (naturalmente).
Ma a parte queste miserie, la sostanza dei problemi resta la stessa. Noi abbiamo appoggiato Amos Luzzatto nella sua denuncia del caso Crosetto e, al contempo, ribadiamo le critiche espresse nel commento incriminato. Constatiamo, con autentico sconforto che, in questi giorni, si sono verificati eventi gravissimi, ben altrimenti gravi del caso Crosetto. Per esempio, l’esito dei lavori delle commissioni nominate da Tony Blair per combattere culturalmente l’estremismo islamico, che hanno sortito come unica proposta l’abolizione del Giorno della Memoria della Shoah. Avremmo voluto leggere qualche intervista in merito: silenzio assoluto. Vi è stato l’incendio e devastazione delle sinagoghe a Gaza: silenzio assoluto. Questi incendi e devastazioni sono stati commentati con un editoriale a dir poco inaudito da parte del direttore di Liberazione Sansonetti, che ha tacciato di “razzismo” i critici di questi misfatti. Silenzio.
Sarebbe stato invece opportuno che la Presidenza dell’UCEI chiedesse formalmente all’Unione e al suo leader se, nel loro futuro governo, intendono nominare, per esempio, come sottosegretario agli esteri, agli interni, o addirittura come ministro, qualcuno che la pensi come Sansonetti. Il quale, nel caso di un attentato a una sinagoga in Italia – che è già avvenuto e speriamo non si ripeterà mai – magari accuserà di razzismo coloro che protestano. Sarebbe bene saperlo, per regolarsi di conseguenza. Ma niente, silenzio assoluto.
Giorgio Israel

1 commento:

Giorgio Israel ha detto...

ECCO UNA LETTERA OTTIMA, CHE SOTTOSCRIVO IN TOTO. TANTO PIU' RISALTA LO SCONCERTANTE SILENZIO DELLA PRESIDENZA DELL'UNIONE DELLE COMUNITA' EBRAICHE

Lettera al Direttore di “Liberazione” Piero Sansonetti.

Gentile Direttore,
abbiamo letto, con non poco sconcerto, le considerazioni che Lei ha sostenuto nell'editoriale del 14 settembre scorso dal titolo “Campagna di stampa contro i palestinesi” a proposito del rogo delle sinagoghe a Gaza dopo l'abbandono degli insediamenti nella Striscia di Gaza.
Nel suo editoriale Lei non descrive ciò che è accaduto, ma si limita ad analizzare testi, titoli e parole di altri giornali, in funzione di un solo fine: osservare che nei confronti dei Palestinesi c'è un pregiudizio. Noi proponiamo un giudizio su quell'atto, non abbiamo letto il suo.
Si può discutere di molte cose e del modo in cui sono riportate le notizie, si può ironizzare e fare dei distinguo filologici (come Lei ha proposto ai suoi lettori), ma non si può dire che un gatto è un cono gelato: all'indomani dell'abbandono di Gaza da parte degli israeliani, gesto che va nella direzione della pace, alcune folle palestinesi hanno bruciato le sinagoghe che le autorità religiose israeliane hanno vietato di abbattere ai militari. Alcuni militari palestinesi hanno difeso altre sinagoghe, è un buon segno, ma non può permetterci di tacere il resto. Sarebbe come se sul suo giornale per descrivere la società politica israeliana si parlasse solo degli atti della sinistra pacifista israeliana e non della destra che si è opposta alla scelta di Sharon.
Da un millennio bruciare sinagoghe fa parte di una precisa simbologia politica. E' per questo che quell'atto ha colpito l'immaginario di tanti.
Questo atto appartiene alla prassi di una cosa che universalmente si chiama antigiudaismo. Non solo all'interno dell'antisemitismo razzista del XX secolo.
E' vero, è consuetudine dei movimenti di emancipazione e di liberazione esprimere la raggiunta libertà in gesti e in atti anche violenti. Se ne può capire il loro valore simbolico (solo simbolico e non culturale programmatico) se quel gesto è anche accompagnato da atti politici che dicono di una nuova e vera libertà.
Ma, le chiediamo: distruggere una sinagoga (una moschea, una chiesa) è come distruggere un edificio o un monumento simbolo di un'oppressione? È come distruggere una sede politica o militare, una caserma, una postazione di polizia, un carcere ? Come avrebbero reagito i giornali che lei accusa di razzismo, se gli israeliani nella Striscia di Gaza avessero bruciato una moschea, anche abbandonata. Tutto il mondo avrebbe messo sotto accusa Israele.
Noi non siamo per facili paralleli: quei roghi non ci hanno fatto pensare alla tragedia nazista ma certo ci hanno riportato alla memoria (anche personale) dei roghi delle sinagoghe, delle case e delle officine degli ebrei nei paesi arabi, ad una lunga storia di antisemitismo promosso dal nazionalismo panarabo che ha causato la fuga di quasi un milione di ebrei da quelle terre.
Rivedere folle (non individui) bruciare un luogo di culto ha messo in moto la memoria di milioni di ebrei che hanno trovato rifugio in Israele, la memoria nostra di ebrei italiani e di sinistra: francamente ci meraviglia che non abbia mosso la sua.
All'indomani della fuoriuscita da Gaza, il rogo delle sinagoghe non parla agli israeliani di un futuro dialogo.
All'indomani della fuoriuscita da Gaza i palestinesi hanno l'urgenza di esprimere una politica, chiara, che prefiguri la società politica che sorgerà, che anticipi l'ordinamento statale, che chiarisca quale democrazia politica saranno in grado di costruire. E il tempo non è infinito.
Se sulla scena rimangono solo le fiamme delle sinagoghe, il programma e il profilo della "società che verrà" ci sembrano almeno discutibili, se non preoccupanti. Tutto il mondo sa che sopratutto a Gaza si giocherà il confronto più duro tra l'intransigenza guerrafondaia di Hamas e il governo di Abu Mazen, impegnato nel dialogo con Sharon. Noi ci auguriamo che vinca la linea del dialogo, quella che ha ordinato ai poliziotti palestinesi di difendere le sinagoghe.
L'esercizio dell'ironia, l'accusa di razzismo a chi non ha gradito vedere quei roghi, e la mancanza di senso critico per gli atti compiuti dalla dirigenza o dalla società palestinese, non ci sembrano né lo strumento più adeguato per capire né l'aiuto di cui i palestinesi abbiano ora più bisogno.

David Bidussa, Emanuele Fiano, Claudia Fellus, Victor Magiar